Pubblicata nella giornata di ieri su CineClandestino, ecco la recensione di Shell, film che si è rivelato il trionfatore di questa edizione del Torino Film Festival. Vittoria secondo me meritatissima.
pubblicata su CineClandestino:
http://www.cineclandestino.it/it/altrocinema/2012/shell.html
Shell
(2012)
Le
sperdute lande dell’Anima
Shell è il
nome della protagonista di questo piccolo e al tempo stesso immenso film in
concorso alla 30 ° edizione del Torino Film Festival, Shell come conchiglia, scrigno
chiuso che racchiude in sè qualcosa di assai prezioso, per usare le stesse parole
della ragazza, in risposta all’ottusa battuta di un cliente di passaggio che
cita, banalmente, una nota marca di carburante; c’è davvero una perla di grande
valore nascosta nel guscio di quest’opera prima, firmata dal britannico Scott
Graham, che si schiude poco per volta in tutta la sua limpida bellezza. Così
come limpido e ancora infantile è il volto di Chloe Pirrie, interprete
straordinaria che recita con lo sguardo, le espressioni spesso attonite, i
gesti ed i lunghi silenzi intervallati da poche ma essenziali parole.
Graham
realizza un’opera con pochissimi elementi, sia dal punto di vista attoriale che
da quello dell’ambientazione: i protagonisti principali sono soltanto due, la
giovane e suo padre Pete, interpretato da Joseph Mawle (“1921 – Il Mistero di
Rockford”, “La Fredda Luce del Giorno”), anch’egli eccelso nel delineare una
figura paterna giovane ma dal volto già segnato, e vittima di improvvisi
attacchi di epilessia. Shell e Pete gestiscono una stazione di servizio
sperduta nelle highlands scozzesi, in cui le giornate scorrono lente, divise
tra i rari automobilisti di passaggio e l’abitazione del piccolo nucleo
famigliare, spazio cardine della messa in scena, luogo chiuso, claustrofobico,
contrapposto al paesaggio che lo circonda, sconfinato e quasi impressionante
nella sua totale bellezza. Il mondo esterno contro il microcosmo al quale Shell
è ancorata, sia dall’affetto verso che il genitore che dall’obbligo, poiché lo
stato di salute del padre la costringe a
restare lì, senza poter fuggire.
Guardare il
mondo o meglio immaginarlo, ponendo domande incuriosite ai propri sporadici
clienti, chiedendo loro da dove arrivino, dove siano diretti, cercando così di
portare via scampoli di vita al di fuori del suo isolamento. La giovane occulta
la propria fisicità con maglioni larghissimi ed un giaccone che ha sempre
addosso, schermandosi così dietro ulteriori corazze entro le quali si sente al
sicuro.
Il rapporto
col genitore si delinea lentamente, nel corso del narrato, prendendo una forma
ambigua, fino a toccare da vicino il legame incestuoso: i ripetuti “I love you”
che Shell dice a Pete restano nell’ambivalenza del significato, che in inglese
corrisponde sia al voler bene che all’amore, ed è attraverso le immagini e le
situazioni che la frase assume sfumature diverse, fino a risultare tagliente
nella sequenza dell’amorevole e morboso abbraccio con cui la figlia stringe il
padre, dopo essersi rifugiata nel letto di lui per ripararsi dal freddo, nel
desiderio di una vicinanza fisica che l’uomo tenta, seppur con fatica, di respingere.
Graham
riesce a trattare un argomento delicato con una sensibilità eccezionale,
lasciando scorrere sotto la pelle del racconto questo tumulto di sentimenti e
sensazioni, rappresentati mediante dialoghi ridotti all’osso, sguardi colmi di
significati, piccoli ma importantissimi gesti che valgono più di tanti inutili
discorsi.
Il
silenzio, infatti, domina una narrazione in cui lo score è totalmente assente,
sostituito dal suono del vento, sottofondo ideale che simboleggia l’onnipresenza
della Natura desolata e selvaggia in cui si colloca la trama del racconto;
unica eccezione musicale è la splendida The Walk Of Life dei Dire Straits,
sulle cui note Shell si scatena in una danza solitaria, catartica, liberatoria
di un’energia vitale tenuta, volutamente, sottochiave per il resto della
pellicola.
La
solitudine dei due protagonisti, motore primario del loro legame simbiotico
insieme alla malattia dell’uomo, è isolamento al tempo stesso volontario e
riluttante, accettato con una rassegnazione nelle cui pieghe l’impulso di
fuggire scalcia silenziosamente.
I pochi
clienti della stazione di servizio sono galleria umana con cui la ragazza si
confronta, in modo spesso conflittuale: il giovane Adam (Iain De Caestecker),
operaio in una segheria della zona, rappresenta un possibile corridoio di fuga
verso il mondo esterno, nel suo interesse verso Shell, nel chiederle più volte
di trascorrere una serata al pub, inviti a cui la ragazza risponde con un “I
don’t know”, parole che sono eco non soltanto di una perpetua incertezza
nell’accettare un rapporto umano altro da quello che la lega al padre, in un
timore di “tradire” il genitore, ma che rappresentano il sostanziale conflitto
tra il desiderio di fuga e la paura di assecondare questo impulso, dettata
anche dalla necessità di dover restare per non abbandonare colui che non può
restare solo.
Altro
personaggio che ruota attorno a questo piccolo mondo è Hugh (un’ottimo Michael
Smiley, il Gal di “Kill List”), uomo rattristato dal non riuscire mai a
trascorrere del tempo con i propri bambini, che vede in Shell una sorta di
ancora di salvezza in una vita mesta, ma dalla quale è anche colpevolmente
attratto.
Scott
Graham ed i suoi straordinari interpreti ci donano dunque un kammerspiel circondato da terre
sconfinate che rappresentano, per la protagonista, il mondo esterno, l’ignoto,
affascinante e spaventoso al tempo stesso, con riprese paesaggistiche che
tolgono letteralmente il fiato per la loro assoluta ed imponente bellezza.
Un film che
si disserra come un dono prezioso, in uno svolgersi lento, con una calma
apparente che cela i tumulti di un’anima che si offre poco per volta, mettendo
a nudo le proprie paure, conflitti e sentimenti che non si possono confessare,
in 90 minuti di incanto filmico che permangono, avvolgendo come un guscio il
cuore dello spettatore.
Chiara Pani
(araknex@email.it)
Shell
Uk - 2012
Regia: Scott Graham
questo è il cinema che amo!Bellissima recensione,ci fa quasi toccar con mano le emozioni di shell
RispondiEliminagrazie davvero :) questo è il cinema che amo anch'io poichè è realizzato proprio con amore. Una vittoria davvero meritata.
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