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Maniac
(2012)
Timid
Man
Aveva tutta
l’aria di una scommessa persa in partenza questo remake del cult movie di
William Lustig, Maniac, pellicola di
per sé non riproducibile per l’unicità delle atmosfere malsane e di un
protagonista/simbolo, l’indimenticabile Joe Spinell (anche co-sceneggiatore e
co-produttore del film) nel ruolo di Frank Zito, personaggio che si era cucito
addosso alla perfezione e al quale aveva donato sfumature e caratteristiche
divenute perno centrale dell’opera. La pachidermica fisicità dell’attore
italo-americano (il cui vero nome era Joseph J. Spagnuolo, morto nel 1989 a
soli a 52 anni) entrava in netto contrasto con la debolezza interiore di Frank,
oppresso dall’immaginaria voce della madre defunta in schizofrenici e
conflittuali dialoghi/monologhi che erano la spinta primaria delle sue pulsioni
omicide.
Maniac rappresenta tuttora, per Lustig
(che è tra i produttori del remake), il lavoro più riuscito in una carriera
mediocre, frutto dell’alchimia di una serie di fattori felici che diedero vita
a un vero e proprio oggetto di culto per schiere di appassionati. Rifare una
pellicola del genere era dunque impresa non facile, assai diversa dalla
produzione seriale di brutti film fotocopia dei classici horror e slasher ad
uso e consumo di un pubblico di adolescenti troppo occupati a masticare
popcorn: il remake di Maniac era atteso al varco con una buona dose
di pregiudizi negativi, che lo vedevano già sconfitto in partenza, anche per la
scelta del nuovo protagonista, un Elijah Wood troppo vicino al cinema
mainstream e lontano anni luce da ciò che Joe Spinell ha rappresentato per il
personaggio.
Contro ogni
aspettativa, invece, il film riesce a soprendere, rivelandosi rilettura
intelligente e riuscita. Diretta da Franck Khalfoun (suo il non eccelso -2 Livello del Terrore) e prodotta
dall’ex-enfant prodige Alexandre Aja, anche autore dello script insieme al
fidato Grégory Levasseur e a C.A. Rosenberg, l’opera evita abilmente le
trappole più insidiose, accantonando la pretesa di essere replica
dell’originale bensì imboccando una strada diversa, che si rivela azzeccata.
Maniac versione 2012, presentato con
successo alla 30° edizione del Torino Film Festival all’interno della sezione
Rapporto Confidenziale, quest’anno densa di horror, non possiede la carica
malsana del film di Lustig poiché l’atmosfera è qualcosa di non ripetibile:
l’intelligenza dell’operazione si ritrova nel creare dei differenti punti di
forza, dando vita ad una pellicola che omaggia l’originale rendendosi al tempo
stesso autonoma. La scelta di Wood per il ruolo di Frank Zito si rivela ottima,
in quanto il suo aspetto fragile ed indifeso esteriorizza ciò che il massiccio
corpo di Spinell teneva nella sfera interiore: entrambi, infatti, sono visti
come “anime gentili” dal personaggio di Anna (qui interpretata da Nora
Arnezeder), e in questo film tale caratteristica è accentuata; l’aspetto del
nuovo Frank, inoltre, ispira fiducia nelle sue vittime, che non lo temono,
creando così un contrasto maggiore tra apparenza e reale personalità del
killer.
La
narrazione viene attualizzata in modo non posticcio, senza mai scadere
nell’imitazione fine a se stessa, citando la pellicola-genitrice con trovate
efficaci e talvolta sorpredenti, calando la vicenda ai nostri giorni e
rendendola del tutto credibile.
La vera
innovazione del Maniac di Khalfoun si
denota nella tecnica di ripresa: il film è girato per gran parte in soggettiva,
dunque dal punto di vista di Zito, mostrato raramente in terza persona e il più delle volte riflesso
da specchi, a rappresentare la pallida proiezione di una personalità
disgregata. Il P.O.V. del killer, a differenza di quanto accade nella
maggioranza delle pellicole orrorifiche, crea in questo caso un intervallo di
distacco emotivo tra spettatore e personaggio, poiché mostra l’efferatezza dei
crimini commessi dissociandoli dalla sua figura: la fisicità fanciullesca di
Elijah Wood infatti, unita alla parte di narrato sulla sua infanzia, provoca
empatia da parte di chi guarda, una sorta di pietà indulgente verso un
individuo che è criminale, ma al tempo stesso dilaniato da sensi di colpa e schiacciato
da una vita orribile.
L’elemento
dei manichini ricopre un ruolo ancora più centrale rispetto al film di Lustig,
rendendoli compagni di vita quasi umanizzati, e assai importanti nel legame che
si instaura tra Frank e Anna. La relazione tra i due è rappresentata in modo
non superficiale e senza lesinare cinismo, attraverso la lente deformante del
punto di vista di Zito, dunque col filtro della sua mente disturbata.
Maniac ha un ritmo lento, poco
accattivante, con alcuni tempi morti che contribuiscono tuttavia a renderlo
ancora più disturbante e paranoico; il gore è offerto a giuste dosi, sempre
funzionale alla narrazione e mai gratuito, in un film che unisce un plot
robusto a un visivo affascinante e non patinato, grazie alla fotografia
volutamente sporca ad opera di Maxime Alexandre, anche lui presenza fissa nello
staff di Aja. Una nota a parte merita il magnifico score, composto da Rob,
pseudonimo del francese Robin Coudert, il quale dà vita ad un tappeto sonoro
elettronico perfetto per le immagini, ulteriore valore aggiunto in una
pellicola assolutamente notevole.
Una prova
ampiamente superata a dispetto delle scarse aspettative, la dimostrazione di
come dovrebbe essere realizzato un remake, rendendolo oggetto a sé stante senza
sganciarlo dalle proprie origini ed evitando, soprattutto, di cadere nella
facile trappola della ridicola imitazione.
Chiara Pani
(araknex@email.it)
Maniac
Francia/USA - 2012
Regia: Franck Khalfoun
Maniac
Francia/USA - 2012
Regia: Franck Khalfoun
Non ci avrei scommesso un solo centesimo su questo remake ma da come ne parli penso che uno sguardo lo potrebbe meritare... grazie dell'anteprima...
RispondiEliminaGrazie a te della fiducai ;) io non ci avrei scommesso meno di un centesimo, per mesi ho continuato a dire che non l'avrei nemmeno visto, per me l'originale è culto intoccabile ed assoluto. Poi ho iniziato a sentire qualche parere positivo, e ho deciso di guardarlo al TFF, pur sempre con un pregiudizio grosso come una casa. Che è crollato, poichè ho dovuto ammettere che il film è davvero valido, almeno, secondo la mia opinione.
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