domenica 31 marzo 2013

La mia recensione de "La Madre" (Mama) (2013) per Point Blank



pubblicata su Point Blank:

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La Madre (Mama) (2013)



Uscito nelle sale statunitensi il 18 Gennaio, con un repentino balzo in cima alle classifiche dei box office, La Madre (Mama) approda nel notro Paese portando con sé il biglietto da visita di ottimi incassi e di una produzione firmata Guillermo del Toro, attivissimo in queste vesti con titoli che spaziano da Lo Hobbit a pellicole meno conosciute come Splice (2009). Per il giovane regista spagnolo Andrés Muschietti, che con La Madre esordisce nel lungometraggio, del Toro è stato vero e proprio mecenate: nel 2008, Muschietti realizzò il corto Mamá, ottimo esempio di meccanismo orrorifico dall’idea fulminante e della durata di soli tre minuti , che impressionò il cineasta messicano al punto da volerne produrre una versione full-lenght, che risulta, purtroppo, indebolita proprio dalla dilatazione del narrato. Quelli che erano i punti di forza del cortometraggio, ossia l’angoscia, la tensione e l’effetto-sorpresa, finiscono inevitabilmente per smarrirsi sulla lunga durata, che diluisce lo spunto di partenza in una storia per molti versi risaputa e assai derivativa.


E’ proprio la mancanza di originalità la principale pecca dell’opera di Muschietti, già autore di spot pubblicitari e produttore dello short film d’origine insieme alla sorella Barbara: La Madre ripropone tutti gli stilemi dell’horror contemporaneo, pescando a piene mani da più fonti, a partire dal j-horror fino alla stessa poetica di del Toro, nel mostrare un universo infantile cupo e dominato da paure primordiali, la classica fiaba nera in cui latitano due componenti essenziali: uno script robusto e un reale senso di spavento.
Un peccato, poiché la tematica avrebbe potuto condurre a un risultato decisamente più efficace:  due bambine, Victoria e la sorellina Lilly, rimaste orfane in circostanze tragiche, vengono abbandonate a loro stesse in un capanno in mezzo ai boschi. Regredite a uno stato selvatico e animalesco, verranno ritrovate cinque anni dopo grazie alle ricerche dello zio Lucas (Nikolaj-Coster Valdau), il quale, insieme alla compagna Annabell (altra ottima prova di Jessica Chastain in vista della nomination all’Oscar per Zero Dark Thirty), ne ottiene la custodia, per intercessione dello psichiatra che le ha in cura, il Dottor Dreyfuss (Daniel Kash), il quale continuerà a monitorarne i progressi. 
 
La coppia e le bambine vengono così trasferiti in una casa protetta, un’abitazione/laboratorio che permetterà loro di proseguire la terapia, dunque un ambiente-ponte tra la solitudine selvaggia e il calore domestico vero e proprio. L’idea possiede dunque un ottimo potenziale, nel porre l’accento sulla natura puramente istintivo/animalesca dell’infanzia, osservando le reazioni aggressive di Victoria e Lilly, completamente disorientate dopo un isolamento che in realtà è stato solo apparente: nel corso delle sedute con Dreyfuss, infatti, si scoprirà che non erano sole. Mama, figura femminile mostruosa, spettro di una donna morta suicida col proprio neonato tra le braccia e dunque avida di riversare un istinto materno tragicamente sottrattole, è colei che le ha accudite durante quei cinque anni e, come in ogni ghost-story che si rispetti, vuole riprendere possesso degli affetti che ormai sente come propri: un rimando dunque, all’archetipo junghiano della “Grande Madre”, nel contempo “amorosa e terribile”, un “materno mostruoso” che ha dominato molte pellicole di genere, da Psycho in avanti.

La pecca principale del narrato si ritrova nel palesare in modo eccessivo la natura spaventevole di Mama, rendendola mostro tout-court senza lavorare su sfumature che sarebbero risultate sicuramente più degne di interesse. Le derivazioni dal j-horror sono evidenti nella figura ciondolante ed emaciata, che, sorprendentemente, non è soltanto artificio digitale bensì è interpretata da un attore in carne e ossa, lo scheletrico Javier Botet, già visto in [REC] nei panni della ragazzina demoniaca.  Interessante, per contro, il personaggio di Annabell, che vediamo evolversi da una sostanziale indifferenza iniziale a “nuova mamma” affettuosa e presente: è proprio questo passaggio, la minaccia rappresentata da una figura muliebre a scatenare le ire dello spettro.
Sottotesti non scontati, che vengono però appiattiti da una patinatezza eccessiva e troppe strizzate d’occhio al box-office. Muschietti si dimostra tuttavia abile nel gestire la tensione, che resta efficace per l’intera durata della pellicola, inficiata però da una sceneggiatura che presenta troppe falle per poter convincere appieno.

Il cortometraggio del 2008, che il regista definisce ora un “esercizio di stile”, possedeva una certa potenza che viene purtroppo a mancare ne La Madre, prodotto standard di livello medio, ben realizzato e confezionato ma privo di quel quid che avrebbe potuto renderlo un’opera interessante e peculiare nel panorama orrorifico odierno.




Chiara Pani
(araknex@email.it)

Titolo originale: Mama
Spagna/Canada - 2013
Regia: Andrés Muschietti
Data di uscita italiana: 21 Marzo 2013
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