pubblicata su Positifcinema:
388 Arletta Avenue (2011)
I See You
Il Cinema come seminale forma di voyeurismo, lo spettatore in quanto
guardone socialmente accettato, e al tempo stesso protetto dal buio di una
sala: su questo argomento, si sono spese pagine e pagine nel corso degli anni.
Da La Finestra Sul Cortile a Peeping Tom il grande schermo ci ha donato
decine di sguardi furtivi attraverso
buchi della serratura o tende accostate, occhi appartenenti a menti criminali
oppure semplicemente curiose. Questo 388
Arletta Avenue, film canadese del 2011 che ha raccolto pareri critici diametralmente opposti, prodotto da Vincenzo Natali (già regista di Cube)
e diretto da Randall Cole (Real Time, 2008), esaspera la figura del
voyeur, rendendolo vero e proprio stalker, criminale/maniaco in senso stretto.
Egli è onnipresente, nelle videocamere piazzate in ogni angolo della casa delle
sue vittime, in auto, sul luogo di lavoro, dando così allo spettatore il suo
punto di vista per tutta la durata della narrazione. La pellicola, da molti
etichettata come found footage in modo erroneo e standardizzato, è girata interamente
in soggettiva, attraverso i molteplici sguardi delle cam: il suo occhio dunque,
diventa il nostro, ma in maniera indiretta, filtrata dal meccanismo della
videoripresa della telecamere nascoste. In tal modo, non scatta il (traumatico)
meccanismo di immedesimazione spettatore/assassino, che ha luogo in film come Halloween di John Carpenter (ne è esemplare l’incipt) oppure nelle celeberrime
soggettive Argentiane. L’ empatia,
seppur parziale, poiché non vi è mai un totale coinvolgimento, si riversa verso
coloro che sono spiati, la coppia di coniugi scelta probabilmente a caso, James (Nick Stahl) e Amy (Mia
Kirschner), scrutati, pedinati e poi attaccati, in un pattern in crescendo:
la minaccia si manifesta dapprima in modo subdolo, strisciante, per poi diventare
sempre più invasiva, fino al climax conclusivo.
Il film parte bruscamente, senza una presentazione
dei personaggi, si viene catapultati nella storia di colpo, attraverso l’occhio
del maniaco appostato davanti al 388
di Arletta Avenue. Una scelta che
tange da vicino il cinema-veritè, presentando
qualche limite, soprattutto in alcuni tempi morti, ma rivelandosi comunque efficace
nel trasmettere una buona dose di inquietudine.
Lo sconosciuto si insinua nella vita della coppia con gesti
che possono apparire scherzi innocui (la sostituzione di un cd in auto, ad
esempio), per poi alzare gradualmente il tiro. La reale, brillante trovata del
film sta nell’uso delle musiche, nel collocare canzoni
già famigliari allo spettatore in contesti inediti, creando così
un’associazione che sarà difficile da scindere: Da Doo Ron Ron di Shaun Cassidy
è tormentone che, dopo 388 Arletta Avenue,
risulterà difficile riascoltare con lo stesso spirito di prima, così come la
love song Reunited di Peaches
and Herb; da sottolineare anche la sequenza accompagnata da The Cat Came Back di Fred Penner, scelta eccellente di una
canzoncina infantile con un testo che mette i brividi. La musica parte sempre a
tradimento, dal computer casalingo delle due prede, in una burla dai toni via via
più macabri.
Il lavoro sul personaggio di James, sul suo logoramento psichico, è complessivamente ben reso, sebbene in parte irrisolto; qui entra in gioco una delle pecche principali dell’opera: si ha l’impressione che si tratti più di un esperimento di tecnica cinematografica, che di vera e propria narrazione. Il mostrato, l’idea dell’essere continuamente osservati, la perenne soggettiva, spesso conta più del plot, il quale, per quanto contenga, come si è detto, trovate assai efficaci, non sempre riesce a coinvolgere completamente. Anche la tensione è a singhiozzo, alternando momenti di fiato sospeso, abilmente resi per mezzo di inquadrature delle stanze vuote della casa, di notte, in completo silenzio, con la tipica consapevolezza che “qualcosa di brutto sta per accadere”, ad altri eccessivamente dilungati, che finiscono per risultare noiosi.
Tecnicamente, si va dall’ ampio uso della camera a mano fino alle cam fisse, con riprese da varie angolazioni, dando così un effetto “telecamera a circuito chiuso” che, dal punto di vista della sperimentazione visiva, risulta interessante, sebbene non inedito.
Nel complesso, 388 Arletta Avenue è una buona pellicola a basso budget che riesce a rendersi forte dei suoi pochi mezzi, sviluppando un’idea semplice, ma indovinata. I difetti non mancano e il lavoro può risultare, per alcuni versi, acerbo, tuttavia ricco di spunti, alcuni dei quali realmente acuti e brillanti. Una prova che può considerarsi riuscita, e senza dubbio degna di interesse.
Il lavoro sul personaggio di James, sul suo logoramento psichico, è complessivamente ben reso, sebbene in parte irrisolto; qui entra in gioco una delle pecche principali dell’opera: si ha l’impressione che si tratti più di un esperimento di tecnica cinematografica, che di vera e propria narrazione. Il mostrato, l’idea dell’essere continuamente osservati, la perenne soggettiva, spesso conta più del plot, il quale, per quanto contenga, come si è detto, trovate assai efficaci, non sempre riesce a coinvolgere completamente. Anche la tensione è a singhiozzo, alternando momenti di fiato sospeso, abilmente resi per mezzo di inquadrature delle stanze vuote della casa, di notte, in completo silenzio, con la tipica consapevolezza che “qualcosa di brutto sta per accadere”, ad altri eccessivamente dilungati, che finiscono per risultare noiosi.
Tecnicamente, si va dall’ ampio uso della camera a mano fino alle cam fisse, con riprese da varie angolazioni, dando così un effetto “telecamera a circuito chiuso” che, dal punto di vista della sperimentazione visiva, risulta interessante, sebbene non inedito.
Nel complesso, 388 Arletta Avenue è una buona pellicola a basso budget che riesce a rendersi forte dei suoi pochi mezzi, sviluppando un’idea semplice, ma indovinata. I difetti non mancano e il lavoro può risultare, per alcuni versi, acerbo, tuttavia ricco di spunti, alcuni dei quali realmente acuti e brillanti. Una prova che può considerarsi riuscita, e senza dubbio degna di interesse.
Chiara Pani
388 Arletta Avenue
Canada - 2011
Regia: Randall Cole