pubblicata su Positifcinema:
The Divide (2011)
Dietro La Porta Chiusa
Gruppo di estranei in un interno angusto, costretti a una convivenza
forzata da circostanze estreme: da questo spunto ormai ampiamente sfruttato
parte The Divide, pellicola del 2011
firmata dal francese Xavier Gens, già
noto per il non eccelso e derivativo Frontiers
(2007) e l’action-movie Hitman, dello
stesso anno.
Il progetto è ambizioso, a partire dalla durata: 112 minuti per un film
di genere sono inconsueti, se a ciò si aggiunge che il narrato si svolge in
un’unica, claustrofobica ambientazione sotterranea; Gens dunque mira in alto, con l’autocompiacimento che gli è proprio,
offrendo un risultato contraddittorio e altalenante. La prima parte della
pellicola è dominata dal tedio, eccessivamente verbosa, e intrappolata in
luoghi comuni verso i quali lo spettatore ha ormai sviluppato una sorta di
allergia. Il blocco tematico del gruppo di condomini capeggiati dal manutentore
dello stabile, il rude e brutale Mickey
(ottima prova attoriale di Michael Biehn),
che si rifugia nel sotterraneo a forza, accolto controvoglia dall’uomo, dopo
che un’esplosione nucleare ha fatto tabula rasa di tutto ciò che sta attorno,
rimanda inevitabilmente a classici come Dawn
Of The Dead di Romero, dunque lo
spettro del già visto è biglietto da visita stropicciato e poco invitante. Dopo
l’impasse iniziale, The Divide si
impenna verso la metà, in modo non graduale, di colpo: si passa così da una
lentezza eccessiva a una bulimia visivo-narrativa nella quale si mescolano
momenti decisamente riusciti, cadute vistose, stereotipi risaputi, buone
delineazioni di alcuni personaggi contrapposte ad altre in cui i
characters sono soltanto abbozzati. Tutto,
e il contrario di tutto, in un bombardamento di immagini e situazioni che
lascia storditi e perplessi al tempo stesso.
Gens è abile
con la macchina da presa, e ne è ben consapevole: si pecca, come nel precedente
Frontiers, di virtuosismo fine a se
stesso, e talvolta di eccessiva frenesia ritmica, dovuta anche al montaggio,
per altri versi egregio e sapiente, del suo collaboratore abituale Carlo Rizzo.
La pellicola presenta del resto innegabili pregi, dall’incantevole score
classico, firmato da Jean-Pierre Taieb,
passando per la come sempre magnifica fotografia di Laurent Barès, nome ormai affermato della nuova scena francese (Livide, La Meute), che dona il suo inconfondibile tocco, forse troppo
patinato, ma affascinante nei toni cupi, quasi marcescenti, nei colori virati.
Dal punto di vista narrativo l’attenzione è focalizzata sul
deterioramento, fisico e morale, dei personaggi, sull’abbruttimento derivante
dalla cattività, sui rapporti di forza che, inevitabilmente, vengono a crearsi;
quest’ultimo è argomento-trappola, in quanto già ampiamento illustrato dalla
cinematografia. The Divide ne dà un
punto di vista che risulta alterno, per alcuni versi originale e provocatorio,
per altri legato a forme appartenenti a vecchi territori. Si assiste al
passaggio di consegne della tirannia (per molti versi solo apparente) di Mickey a quella dei personaggi di Josh e Bobby, che da bulli diventano sadici sessuali, veri e propri mostri
anche nel fisico, poiché le radiazioni sono penetrate nel rifugio provocando
così una progressiva marcescenza dei corpi. Il discorso sull’uomo che diventa
carnefice, tirando fuori il peggio di se stesso, è esasperato ai massimi
livelli, privando i singoli caratteri delle sfumature necessarie, con figure spesso
eccessivamente a tutto tondo: da Mickey,
americano patriottico e razzista ma in fondo non così cattivo, fino a Eva (unica donna del gruppo insieme a Marilyn), personaggio troppo retto e
lineare, passando per Sam,
potenzialmente interessante ma rappresentato in modo confuso e superficiale.
In
Marilyn (una meravigliosamente sfatta
Rosanna Arquette) ritroviamo una
delle figure meglio delineate del film: madre di Wendi, la bambina che viene rapita in un momento narrativo poco
credibile, risultando quasi estraneo al resto del plot, è donna fragile e senza
dignità, vittima consenziente dei pesanti giochi sessuali dei due nuovi
villains del gruppo.
Xavier
Gens cerca lo shock facile, con sequenze piuttosto pesanti, alcune delle
quali riuscite, altre troppo studiate e artificiose per convincere. The Divide si è in questo modo
guadagnato aggettivi come “disturbante”, “difficilmente sopportabile”, e via
discorrendo, riversando quindi il focus sulle dinamiche violente, quasi
dimentico del fatto che, al di fuori di quel sotterraneo, c’è un mondo devastato:
nessuno dei personaggi pare preoccuparsene, forse troppo infiammati dai loro
impulsi.
Il finale è per certi versi prevedibile tuttavia, non privo di fascino.
Pellicola dunque dalle molte contraddizioni, eccessiva, ambiziosa, che
può definirsi riuscita solo in parte. Tutto questo ricordando che il cinema
realmente disturbante, e sincero nel suo intento, è ben altra cosa.
Chiara Pani
(araknex@email.it)
The Divide
Germania/USA/Canada - 2011
Regia: Xavier Gens
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