pubblicato su Horror.it:
La Casa (1981)
Within The Woods (corto) (1978)
Quando Sam
Raimi e la sua troupe iniziarono le riprese di “The Evil Dead” (La Casa), nel
1979, non potevano immaginare cosa sarebbe diventato questo piccolo film, un
low budget realizzato tra innumerevoli difficoltà nell’arco di tre mesi (e un
anno e mezzo di post-produzione). La pellicola, originariamente in 16mm e
successivamente stampata in 35mm per poter essere proiettata nelle sale, ha
assunto lo status di cult assoluto e indiscutibile; il seme iniziale del suo
successo può essere ritrovato nella penna di Stephen King, che ne scrisse
un’entusiastica recensione per la rivista “The Twilight Zone”, dando così il
via a un passaparola irrefrenabile che convinse la New Line Cinema a
distribuirlo. King lo definì “l’horror
più ferocemente originale dell’anno” : contando che era il 1982, nel corso del
quale uscirono titoli come “La Cosa” e “Poltergeist”, l’affermazione non poteva
di certo essere presa alla leggera.
“La Casa”
era il lungometraggio d’esordio per Raimi, che aveva già al suo attivo un buon
numero di cortometraggi girati in Super 8, commercializzati a livello locale
con buoni rientri economici. Tra questi, particolare attenzione merita “Within
The Woods” (1978) (da alcuni ribattezzato “Evil Dead 0”) che
contiene, in embrione, il canovaccio di trama e le idee che saranno alla base
della pellicola successiva.
La squadra è
sempre la medesima: anche qui troviamo Robert G. Tapert tra i produttori
(insieme a Raimi e Campbell) e Bruce Campbell come protagonista (oltre a Ellen
Sandweiss, che in “The Evil Dead” interpreterà Cheryl); il sodalizio
Raimi/Tapert/Campbell, oltre ad essere il frutto di una grande amicizia,
proseguirà negli anni, fino a oggi. E’ una componente fondamentale del successo
delle opere di Raimi, una piccola “factory” affiatata che non si è disgregata
col tempo.
Il talento
del regista è già ampiamente individuabile, nelle tecniche di ripresa, e nelle
trovate originali. Il cortometraggio, seppur condito dell’ironia di cui sarà
pregno anche “The Evil Dead” (e capitoli successivi) riesce genuinamente a
spaventare, usando il suono come componente principale dell’elemento-terrore.
Il plot narra di un gruppo di amici che decide di trascorrere il weekend in una
casa sperduta e uno di loro (inutile dirlo, Bruce Campbell), accidentalmente,
sconsacra un cimitero indiano, trasformandosi in zombie e uccidendo i suoi
compagni.
Il
tormentone “Join Us” è già presente e le linee narrative sono la preparazione a
ciò che si vedrà nel lungometraggio; il cimitero indiano è stato sostituito dal
Necronomicon, in qualità di “fattore scatenante”, e il ruolo di Campbell è
rovesciato: qui mostro, in “The Evil Dead” resta l’unico sopravvissuto umano. In
questo piccolo video, si può già notare come il talento e le idee riescano a
supplire all’assoluta mancanza di mezzi: il corto ha, ovviamente, i suoi
limiti, ma resta un’ottima prova dell’abilità tecnica di Raimi.
Intercorre
un anno, tra quest’opera e l’inizio delle riprese de “La Casa”: il budget di
partenza era di 375.000 dollari, e la troupe era composta da 37 persone; con
l’arrivo del freddo le condizioni di lavoro diventarono sempre più disagevoli,
poiché lo chalet abbandonato nel quale venne girato il film (nella location di
Mornstown, nel Tennessee) non aveva riscaldamento né acqua corrente, e i soldi
terminarono. La maggioranza del cast artistico e tecnico abbandonò la
lavorazione verso il periodo natalizio, a sei settimane dal primo ciak;
Campbell ipotecò una proprietà di famiglia per permettere a Raimi di terminare il
lavoro e di riversarlo in 35mm. Vennero utilizzati alcuni “doubles”, ossia
sostituti degli attori (in particolar modo nelle scene di possessione
demoniaca, nelle quali i volti erano celati dal trucco), definiti “fake
shemps”, tra cui vi era anche l’allora quindicenne Ted Raimi, che in una
sequenza vestì i panni di Cheryl demone nella botola.
Grazie al
primo direttore della fotografia, che in seguito lasciò il set, ottennero a
noleggio dall’Università, a prezzo scontato, due telecamere professionali, che
altrimenti non si sarebbero mai potuti permettere. I make up fx, a opera di Tom
Sullivan, considerata la povertà di mezzi, sono ottimi: la scena finale che
vede i demoni disgregarsi richiese tre mesi di lavoro, con l’impiego di
tecniche miste, tra cui l’animazione a passo uno.
Un film
quindi pioneristico in senso stretto, girato in condizioni estreme, da un
gruppo di amici mossi da una fortissima passione: ecco cos’è, in sintesi, “The
Evil Dead”.
Il
canovaccio narrativo è assai semplice, classico, ormai universalmente
conosciuto: il tranquillo weekend di una combriccola di ragazzi si trasforma in
incubo, in seguito al ritrovamento del Necronomicon, ossia “Il Libro Dei
Morti”, contenente le formule in grado di evocare i demoni. La registrazione su
nastro della voce di uno studioso, in cui egli recita le misteriose parole,
scatena l’orrore: i demoni iniziano a impossessarsi dei personaggi e
Ash/Campbell dovrà lottare contro di loro.
Bruce
Campbell in quanto icona horror prende vita proprio in questo film, diventando
successivamente mattatore incontrastato nei due, magnifici, sequel: “La Casa 2”
(1987) e “L’Armata Delle Tenebre” (Army Of Darkness) (1992), che lo consacrano
come interprete carismatico e fortemente ironico.
L’ironia,
infatti, è parte integrante della pellicola, che unisce abilmente terrore e
momenti di divertimento, battute e spaventi; una miscela non facile, ma qui
perfettamente riuscita. Ash è l’anti-eroe per eccellenza, di certo non
impavido, a tratti goffo ma comunque in grado di sconfiggere le forze maligne
che si scatenano nella casa. E, soprattutto, nel bosco. Il titolo italiano ha
spostato l’attenzione soltanto sul luogo abitativo: in realtà, ciò che lo
circonda è determinante tanto nella narrazione quanto nella messa in scena.
Le sequenze
in soggettiva, che rappresentano il punto di vista dell’entità maligna nel suo
spostarsi velocemente tra gli alberi, senza venire mai mostrata, sono
diventate marchio di fabbrica della
tecnica registica di Raimi: con il termine “Shaky POV Cam” (coniato dallo
stesso Raimi, dove “POV” sta per “point of view”, punto di vista), si intende
proprio questo uso particolare della macchina da presa. L’effetto si ottenne
montando l’apparecchio sopra un’asse sorretta da due persone da ambo i lati,
che si muovevano correndo. Un’idea semplice ma geniale, che rende l’idea della
presenza in modo inquietante, innovativo e straordinariamente efficace: non solo
non la si manifesta agli occhi dello
spettatore ma si fa in modo che egli acquisisca il suo punto di vista.
La scena
finale è emblematica: Ash è rimasto solo, è l’alba, l’incubo pare finito;
vediamo, nuovamente, lo sguardo demoniaco in soggettiva entrare rapidissimo
nella casa, uscirne, e arrivargli alle spalle. Una prova di maestria registica,
realizzata con una mdp montata su un’asse di legno, due persone che corrono, e
altre ad aprire le porte. Una bella lezione, per i blockbuster a budget
altissimi e tasso zero di creatività.
Raimi
reinventa l’uso della ripresa in prima persona non solo con la “Shaky POV Cam”,
ma anche donandoci i punti di vista dei demoni, con inquadrature inconsuete, bizzarre,
spesso geniali.
Nel bosco
ha luogo un altro momento assai significativo del film, ossia l’aggressione
sessuale da parte di un albero ai danni di Cheryl (Ellen Sandweiss); l’idea
iniziale non comprendeva l’aspetto carnale, che fu aggiunto nel corso delle
riprese (la scena fu girata in piccoli segmenti nell’arco di molti mesi).
Tecnicamente è assolutamente ben riuscita, credibile e realistica; risulta disturbante,
senza dubbio inaspettata ma suscitò critiche talvolta feroci: Raimi venne
accusato di misoginia e in seguito si dichiarò pentito di aver scelto di
inserire questa sequenza, che venne censurata in molti Paesi.
Tornando
sull’argomento make up ed effetti, come si è già detto il lavoro può essere
considerato ottimo, sebbene dai risultati discontinui: in alcuni momenti, ad
esempio, l’uso di manichini è evidente, in altri il trucco è impressionante. La
scena della prima possessione, quella di Cheryl, nella quale ella è alla
finestra e si volta di colpo, mostrando il volto deturpato, provoca un sobbalzo.
Le lenti utilizzate all’epoca per rendere l’occhio monocolore erano assai
diverse da quelle odierne: fastidiose da indossare, potevano essere tenute per
soli 15 minuti, durante i quali si tentava di girare il più possibile.
Eccellente
l’idea alla base della trasformazione di Linda (Betsy Baker), la ragazza di
Ash: ella diviene un essere diabolico bamboleggiante, che ride in
continuazione, scostandosi così dagli altri personaggi e creando l’ennesimo
tormentone uditivo.
Il suono,
infatti, è componente centrale del film, così come lo era in “Within The
Woods”; a partire dal magnifico score, composto da Joe Lo Duca, minimale,
assolutamente inquietante, percussionistico, che dona al film gran parte della
sua aura disturbante. Ogni elemento sonoro in “The Evil Dead” è fondamentale e
studiato nei dettagli: dai tormentoni vocali (“Join Us”, la risata di linda, la
nenia che canticchia “we’re gonna get you” ), all’ossessivo sbattere del
dondolo contro la parete della casa, a inizio film, passando per il continuo
percuotere di Cheryl/demone contro il coperchio della botola, fino ad arrivare
alle sinistre voci demoniache, poco più che borbottii indistinti, eppure da
pelle d’oca. Impossibile non citare la registrazione su nastro ritrovata nella
casa, con la voce dello studioso che prima illustra il potere del Necronomicon,
recitando poi le sinistre formule: la paura si insinua sia nello spettatore che
nei protagonisti, in contemporanea, facendo così scattare il meccanismo
d’immedesimazione che incrementa il quoziente di terrore.
La
componente audio, più di ogni altra, possiede l’abilità di evocare paure
inconsce, di annunciare l’orrore senza mostrarlo, rendendolo così assai più
minaccioso.
Il film ha
un alto livello di tensione, la suspense è dosata in modo egregio, anche grazie
a un buon montaggio, altro punto forte del film; gli spaventi sono spesso
improvvisi e imprevisti, i momenti di fiato sospeso riescono a essere incisivi ed
efficaci.
“The Evil
Dead” si conclude, come si diceva, con la memorabile sequenza in soggettiva e
con l’urlo di Ash:a seguire, sui titoli di coda, una musica charleston di gusto
comico, a simboleggiare la doppia faccia della pellicola, il coté horror e
quello comedy.
Alla sua uscita, il film ebbe non
pochi problemi con la censura: nel Regno Unito, fu uno dei primi titoli a
essere inserito nella famigerata lista dei “Video Nasties”, un lungo elenco di
pellicole ritirate dal mercato per mano della commissione censoria inglese nei
primi anni ’80: è stato ridistribuito senza tagli soltanto nel 2001.
Il Paese che maggiormente si accanì
contro “La Casa” fu la Germania: venne infatti bloccato per oltre 10 anni, sia
nei circuiti delle sale che in quelli home-video, diventando così oggetto di
culto nel mercato nero, nel quale proliferavano le copie pirata. Nel 1992 fu
rilasciata una prima versione del film, pesantemente tagliata, e soltanto nel
2001, dunque come nel Regno Unito, si potè finalmente godere di un dvd uncut.
L’Italia,
invece, decise di approfittare del successo di “The Evil Dead”, producendone
dei sequel “apocrifi”, che, ovviamente, nulla avevano a che fare con l’opera
originaria ma ne mantennero il titolo nostrano: “La Casa 3”(1988) di Umberto
Lenzi, “La Casa 4” (1988) di Fabrizio Laurenti, e “La Casa 5” (1990) di Claudio
Fragasso.
Nato per
passione, sopravvissuto a mille ostacoli realizzativi, “The Evil Dead” è
diventato culto oltre ogni aspettativa, portando così alla luce l’incredibile
talento di Raimi e consacrando Bruce Campbell come nuova icona del cinema
horror. Il tutto con due macchine da presa a nolo in una baita senza acqua
corrente. Potere al low budget.
Chiara Pani
(araknex@email.it)
La Casa (The Evil Dead)
USA - 1981
Regia: Sam Raimi