venerdì 21 settembre 2012

La mia recensione di "Snowtown" (2011) per Positifcinema


pubblicata su Positifcinema:

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Snowtown (2011)


Good Boy(s)




Ci sono film che dividono le platee, scindendole in fazioni, e altri che operano una divisione nello spettatore stesso, lasciandogli un senso di perplessità, un dubbio riguardante ciò a cui ha appena assistito, proiettandolo così in una zona grigia, una terra di mezzo. L’australiano Snowtown, opera prima del regista Justin Kurzel, può rientrare nel cerchio di queste pellicole ibride, davanti alle quali termini come “valido” o “non valido” diventano difficili da usare. Il film ha riscosso un grande successo di critica, facendo incetta di premi in numerosi festival; ciònonostante, durante la visione è difficile scrollarsi di dosso il sentore che qualcosa non torni, che manchi la scintilla che lo faccia decollare, rendendolo un’opera che possa inchiodarsi nella memoria, discostandosi dalle altre.

Snowtown è basato su una vicenda reale, quella di John Bunting (magistralmente interpretato da Daniel Henshall), definito “il peggior serial killer che l’Australia abbia mai conosciuto”: attivo tra il 1992 e il 1999, fu condannato all’ergastolo con l’accusa di undici omicidi (The Snowtown Murders, dal nome della cittadina del Sud Australia in cui vennero commessi); il suo (non unico) braccio destro nel killing spree fu l’inseparabile Robert Wagner (Aaron Viergever), anch’egli incarcerato a vita.

La pellicola si discosta, per molti versi, dai tipici clichés dei serial killer movies, adottando un’estetica puramente indie, dunque anch’essa legata a determinati stereotipi visivi: inquadrature ravvicinate, riprese apparentemente casuali, fotografia realistica e cruda. Ci si trova di fronte a un prodotto piuttosto standardizzato a livello di immagini, nel quale spicca il magnifico score, a opera di Jed Kurzel, e l’impianto sonoro in genere, nel quale i rumori hanno un ruolo fondamentale: amplificati, assordanti, dalla batteria suonata da Troy (Anthony Groves) fino alla tv, tenuta perennemente accesa per stordirsi, ipnotizzarsi, non pensare allo squallore dal quale si è circondati.

E’ un mondo crudo quello di Snowtown, il microcosmo di una periferia povera e rabbiosa nella quale il giustizialismo apparentemente protettivo di John, uomo dall’aria paciosa che mira a punire “pedofili e pederasti” confondendo un po’ troppo i due concetti, trova terreno fertile. Elizabeth (l’eccellente Louise Harris) è una donna divorziata con prole a carico, e troppi problemi sulla schiena: per lei ma soprattutto per il figlio  Jamie (un intenso Lucas Pittaway), John rappresenta l’ancora di salvezza, la figura paterna che rientra in casa, colui che sistema le cose dopo che un vicino si è rivelato eccessivamente interessato ai bambini di Elizabeth. Dalla vendetta alla caccia all’uomo il passo è breve: Bunting tiene comizi casalinghi aizzando la comunità contro “questi esseri turpi” che minacciano i loro figli, predica il giustizialismo per difendere i sani principi, mentre in casa sua c’è il rock spider wall: un muro tappezzato di nomi e fotografie di presunti pedofili e omosessuali, intrecciate tra loro mediante fili, come mosche in una ragnatela, vittime predestinate di un insetto pingue e in apparenza dormiente.

Il film si focalizza sul rapporto tra John e Jamie, che diventerà il suo secondo complice, insieme a Robert; il ragazzo è fragile, privo di punti di riferimento, e Bunting ha gioco facile nel tirarlo a sé, rendendolo un assassino. Dal “battesimo” dello sparo al cane in avanti, il percorso di formazione di Jamie in quanto killer è costellato da rimorsi, sensi di colpa e lacrime, davanti alle quali il suo paffuto mentore lo apostrofa con un “you fuckin pussy” per poi consolarlo con un bel “good boy”, sapendolo ormai obbediente e sottomesso.  

Nonostante un buon plot, adattato da due libri, una regia tecnicamente valida benchè senz’anima, troppo attenta a non sporcarsi realmente, e alcune sequenze assai efficaci, il film lascia l’impressione di non essere del tutto riuscito, di quel qualcosa che manca, l’assenza di quel morso a fondo  che in una narrazione come questa dovrebbe essere indispensabile. Troppo freddo e perfettino, per essere la storia del peggior serial killer che l’Australia abbia mai conosciuto.  

Chiara Pani
(araknex@email.it)



Snowtown
Australia - 2011
Regia: Justin Kurzel

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