pubblicata su Positifcinema:
all' interno della monografia su Dario Argento, che a partire da oggi si svilupperà nel corso delle prossime settimane:
http://www.positifcinema.it/sguardi/dario-argento
Profondo Rosso (1975)
Profunda Mater
In Profondo Rosso, probabilmente il
capolavoro Argentiano per eccellenza, sono racchiusi gran parte dei tòpoi
ricorrenti nella “poetica del terrore” del regista romano: l’ infanzia come
culla del trauma che sta alla radice della pulsione omicida (e, con essa, l’importanza dei legami parentali dell’
assassino), la memoria, l’indagine individuale che non è solo ricerca della
verità ma anche della propria, perduta identità, il concetto di non-luogo che
si lega strettamente a quello del proprio io smarrito. Simboli precisi, cifre
stilistiche inconfondibili che hanno reso il cinema di Argento oggetto unico e dai molteplici strati di lettura.
Più di ogni
altro, l’ elemento del Femminile domina la sua filmografia: assassine, madri
folli, streghe, oppure virginali eroine, le donne in Argento sono il sangue che scorre nelle complesse venature della
sua arte, un matriarcato che affonda le proprie radici nel buio dell’ inconscio
collettivo, altro territorio assai caro alla sua opera.
Le figure
femminili in Profondo Rosso non sono
soltanto predominanti ma possono essere considerate l’ embrione di ciò che
vedrà la luce nel successivo Suspiria:
ognuna di loro è legata in un certo qual modo al Magico/Stregonesco, rendendole
così, seppur ancora in forma metaforica e legata al reale, prime
rappresentazioni di quelle Madri detentrici del Terrore nel già citato Suspiria, in Inferno, e ne La Terza Madre. Mater Suspiriorum, Mater
Tenebrarum e Mater Lacrimarum
appartengono completamente al sovrannaturale, ambito nel quale il regista si
sposterà proprio da Suspiria in
avanti, e sono state ispirate da un segmento del Suspiria De Profundis di Thomas
De Quincey, nel quale rappresentano i Tre Dolori.
In Profondo Rosso, dunque, il Femminile può
essere visto come preludio della Mater Dolorosa e Strega: il personaggio di Marta (Clara Calamai), madre di Carlo (presunto colpevole nel tipico
doppio finale Argentiano, in realtà la vera assassina) incarna alla perfezione
l’ archetipo; ella è, innanzitutto, genitrice, seppur folle e morbosa, amata
dal figlio al punto da autoaccusarsi dei delitti da lei commessi. Marta è la chiave del trauma di Carlo, e assume tratti stregoneschi
nella sua capacità di essere dovunque, di entrare in ogni luogo senza mai
essere vista se non di sfuggita, presenza minacciosa e quasi onnipotente. E’
sofferente nel suo pianto sul finale, per la morte del figlio, nella dolorosa
pazzia che la spinge a uccidere.
Se le
figure di Helga Ulmann e Amanda Righetti hanno attinenze con l’
occulto più evidenti ma al tempo stesso scontate e sicuramente meno
affascinanti, è in Gianna Brezzi (Daria Nicolodi) che possiamo ritrovare
un personaggio magico in senso quasi fiabesco, una sorta di strega buona e
ammaliatrice, una fata/elfo sensuale in modo inconsueto, che seduce Marc con armi variegate e atipiche, che
vanno dall’ indipendenza alla più profonda insicurezza. Gianna è anche spirito guida, lume del protagonista nella sua
incessante ricerca, lo espone al rischio mettendolo in prima pagina per poi
ricoprire la funzione di figura protettrice.
Questo
Femminile Magico si lega strettamente a Torino, nella quale è stata girata gran
parte della pellicola ma a cui, nel narrato, ci si riferisce come a Roma
(Madre/Lupa): ancora l’identità smarrita, in questo caso quella del
luogo/non-luogo. Torino è punto focale di forze magiche ed è città che porta in
sè un potente simbolo del Femminile, ossia la Chiesa della Gran Madre, simile a
un tempio pagano, dall’ architettura uterina e costruita a ridosso di un fiume,
dunque in prossimità dell’ elemento Femmineo per eccellenza. Un Femminile che
trova specularità (e non a caso lo specchio è elemento cardine nel film) in
siti che la narrazione priva della loro identità nominale ma non di quella
effettiva, pregna di una carica simbolica eccezionalmente forte.
Profondo Rosso dunque, come gestazione dello
stregonesco matriarcato che ritroveremo nei film successivi: qui calato nel
reale, e con funzione di simbolo, è magnifico e terrificante presagio dello
scatenarsi delle Dolorose Madri.
Chiara Pani
(araknex@email.it)
Italia - 1975
Regia: Dario Argento